Sono trascorsi 5 anni dall’uscita del disco “3 Gradi”, che contiene la canzone omonima con cui Diego Conti ha partecipato a Sanremo Giovani. Tour, viaggi con la chitarra sulle spalle, studi di registrazione, incontri inaspettati come quello con Andrew Loog Oldham, mito del rock mondiale, scopritore, produttore e manager dei Rolling Stones. Il cantautore e musicista non si è mai fermato, ha continuato a celebrare la musica percorrendo la strada del rock.
Torna ora con il nuovo album “FILI D’ORO” (per Fonoprint Studios), disponibile dal 18 ottobre su tutte le piattaforme digitali.
Sei tracce, sei storie, scritte da Diego con Oldham e Alfredo Rapetti Mogol “Cheope”, natesotto la loro benedizione artistica: “”Fili D’Oro”, “I Baci A Scuola”, “Gin Tonic”, “Per Un Sacco Di Milioni”, “Alcolica” e “Felice”. Brani in cui si conciliano il cantautorato in italiano e un sound decisamente British Rock.
Diego Conti racconta così la sua nuova avventura discografica: “Ognuna di queste canzoni è un “Filo D’Oro” prezioso e sbrilluccicante, senza tempo, che non segue le mode del momento, puro ed eterno, rock”.
Sull’incontro con Oldham dice: “Un giorno, per uno stranissimo e fortunato gioco del destino, incontro Andrew. Ho sempre saputo, nel profondo, che sarebbe accaduto. In quel piccolo estratto della nostra videochiamata, che risale al 2022, dico: ‘Grazie per essere stato il mio angelo del rock per gli ultimi due anni’. Lui risponde: ‘È stato un vero piacere per me, tu mi permetti di pulire le ali’. Sarò eternamente grato per tutti i suoi insegnamenti, ormai uno scambio di oltre 600 e-mail sul songwriting, e per avermi salvato la vita. Thank you Mr Andrew Loog Oldham, all my gratitude and all my love”.
Classe ‘95, Diego Conti è cantautore e musicista, nato e cresciuto a Frosinone. Sin da piccolo la chitarra è lo strumento con il quale scrive le sue canzoni, testo e musica: a 10 anni inizia il suo percorso di studi al prestigioso Conservatorio “Licinio Refice” della sua città. E ha studiato, viaggiato, raccolto storie, suoni, odori, stimoli, respiri che si traducono in testi di canzoni, in musica che prende vita per avvolgere tutti.
Dopo le esperienze di X-Factor e di Sanremo Giovani, Diego torna sulla scena della musica attuale con la consapevolezza di un professionista, di quel ragazzo che conosce la gavetta, l’importanza del confronto con i suoi maestri, con la vita intorno, la curiosità di un eterno bambino che morde la musica, musica che gli vibra dentro. Artista up next dalle venature pop rock che esplora e si perde tra le corde di una chitarra, tra i demoni del rock.
Ora chiude il suo capitolo “Fili D’Oro” dopo un lungo periodo di scrittura e registrazione, e dà le chiavi a chiunque lo ascolterà, a chi lo attraverserà.
Il disco si apre con “Fili D’Oro”, singolo di lancio e traccia apripista che dà il titolo all’album e che Diego commenta con queste parole: “Parla di un amore luminescente, spettacolare ed esplosivo come un fuoco d’artificio. Stanze d’hotel sottosopra, pelle di luna, notti risvegliate dalle onde del sesso e giorni di vita vissuti al massimo. Ho scritto questa canzone per la mia sirena dai capelli oro e dalle labbra color fuoco, che ogni giorno mi fa sentire una rockstar. È l’apripista dell’omonimo disco, con un seducente riff di Telecaster ispirato a Keith Richards”.
E poi ci sono “I Baci A Scuola”: un viaggio che dai banchi arriva all’uscita di scuola, scandito dal suono della campanella che rievoca un tempo di baci, paranoie, fragilità, cieli bellissimi e orizzonti nuovi che sanno di futuro. Quando tutto sembrava così amplificato, così autentico. Così nuovo, a tratti già passato. E diventa musica rock. Non c’è ricordo legato all’adolescenza che non veda protagonista quella sensazione che si ha quando si immagina, si prova, si riprova l’emozione di un bacio. Delle difficoltà e della paura di essere impreparato di fronte a qualcosa di nuovo; dell’ombra sfocata di un ragazzo che diventa uomo e di una ragazza che si sente in bilico, nella solitudine di una scoperta intima. Un viaggio sulla luna. Nel brano “I Baci A Scuola” c’è il periodo complicato e contraddittorio dell’adolescenza. “Siamo tutti il risultato dei baci che riceviamo, di quelli che diamo, di quelli che era meglio evitare e di quelli che non riceveremo mai – commenta Diego – Siamo la somma dell’amore e delle mancanze che ci piovono addosso ogni giorno”. Le labbra che accolgono altre labbra, le sigarette, un nodo stretto in gola. Guance rosse, drammi e vertigini nello stomaco, le scoperte di sentimenti coperti da lenzuola e niente più.
Terza traccia del disco è “Gin Tonic”, nato subito dopo la pandemia, in una notte estiva alcolica, brano che porta dentro di sé le influenze rock del primo Vasco Rossi, dei Primal Scream, e dei sabato notte estivi a fare baldoria. Perché, secondo Diego, le persone hanno sempre più bisogno di un diversivo per poter liberare la mente dai pensieri negativi ed ansiogeni che la società in cui viviamo contribuisce ad alimentare, e anche per fare il primo passo. Siamo come dei senza Dio alla ricerca del godimento più che della felicità, riflette l’artista.
“Io sono soltanto un giovane ragazzo come tanti altri che cerca di esorcizzare la paura del futuro, a volte medito, altre mi diverto come posso. Questa canzone è un inno di rinascita nei confronti di quella socialità fatta di divertimento che ci è mancata per troppo tempo – racconta Diego Conti – In questi anni così caotici che stiamo vivendo, oltre il denaro, resta l’amore l’oggetto del desiderio comune, quindi usciamo dal girone infernale della noia e scoliamoci un Gin Tonic insieme!”
“Nemmeno Per Un Sacco Di Milioni” è una storia in cui nessuno ama ancora. È la perfetta fotografia di due persone che non provano più nulla e che “non si sentono più nelle canzoni”. Ricordano la bellezza indelebile che hanno vissuto assieme; quelle sensazioni che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita, “ballando sotto il temporale” incoscientemente, all’alba di un giorno in cui l’amore, purtroppo, non ci sarà più. È una fine, e quindi un nuovo inizio. Andrew Loog Oldham sostiene che il ritornello di questa canzone sarebbe perfetto cantato da una voce femminile e chissà se in futuro arriverà la voce giusta.
E poi c’è “Alcolica”, dal titolo di per sé sinteticamente narrativo e che racchiude tutto, persino lo stordimento di quella notte. È una canzone scritta con la gola secca che nasce in totale hangover, dal consapevole mal d’anima di un ragazzo irrequieto, che vuole divertirsi ed è alla ricerca di un brivido in una società seducente e pericolosa. Diego spiega: “Nel periodo più nero della mia vita è avvenuto un incontro, che mi ha dato carica per ascoltare la musica in testa e impugnare nuovamente la chitarra: ho conosciuto Andrew Loog Oldham, che ha raccolto il mio chiodo di pelle, come solo l’angelo del rock può fare”. “Alcolica” è un omaggio (di fedeltà) ai suoi esordi e un ringraziamento ai grandi rocker, i “giganti” che lo hanno influenzato nel mood artistico, attraverso suoni, ideologie, immagini, presenze forti nella sua vita, come The Rolling Stones, Oasis, The Verve, Vasco Rossi, Led Zeppelin, Paolo Nutini, Bob Dylan, The Beatles, The Doors, Joe Cocker, Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Sixto Rodriguez, tra i tanti.
A chiudere la tracklist del disco è “Felice”, canzone che Diego ha scritto per la sua bellissima mamma che non c’è più, volata via dopo una crudele malattia. “Ho bisogno delle caramelle, quelle che tieni dentro gli occhi simili alle stelle, di quella smorfia quando sei felice, felice…”. È l’unico filo d’oro della tracklist che porta esclusivamente la firma di Diego, senza altri autori. Non c’è niente di più intimo in tutta la sua produzione musicale da 10 anni a questa parte. È una profonda e inequivocabile dichiarazione d’amore per Alberta, donna forte, pura, sensibile. E a sua madre dice parole d’amore: “Speriamo tanto che ora tu sia felice, we love you”.
“FILI D’ORO”, prodotto da Ivan Antonio Rossi, Matteo Cantaluppi, registrato presso i celebri studi Fonoprint di Bologna (Vasco Rossi, Lucio Dalla…) e 8brr.rec Studio di Milano, sotto la supervisione del produttore e discografico Leo Cavalli.
Comunicazione: Daniele Mignardi Promopressagency